Legge dei semi – Progetto di Legge e relazione
Relazione introduttiva al Progetto di Legge
“Legge dei semi”
La presente proposta di legge è l’adattamento alla legislazione sammarinese del testo redatto da un nutrito gruppo di lavoro composto da Marcello Buiatti (Prof. Ordinario di Genetica, Università di Firenze; Pres. Centro Interuniversitario della Filosofia della Biologia “Res Viva”, La Sapienza, Roma; membro del CNA – Consiglio Nazionale dell’Ambiente); Salvatore Ceccarelli (Agronomo ed esperto in riproduzione di piante, già responsabile del miglioramento genetico dell’orzo presso l’ ICARDA, autorità internazionale sul miglioramento genetico partecipativo, premio CGIAR, già Professore Ordinario in Genetica Agraria presso l’Università di Perugia); Fritz Dolder (avvocato di brevetti nelle cause EPO (Ufficio Europeo Brevetti) sulla bio-brevettabilità, Professore di Proprietà Intellettuale, Facoltà di Giurisprudenza, Università di Basilea); José T. Esquinas (esperto di risorse genetiche delle piante e di sicurezza alimentare, negoziatore chiave del Trattato Internazionale sulle Risorse Fitogenetiche per l’Alimentazione e l’Agricoltura); Maria Grazia Mammuccini (Direttrice di ARSIA, Agenzia Regionale Toscana per lo Sviluppo e l’Innovazione del settore Agricolo forestale, dal 1995 al 2010, membro dell’Accademia dei Georgofili, Vicepresidente di Navdanya International); Blanche Magarinos-Rey (Avvocato dei diritti per l’ambiente e lo sviluppo urbano); Giannozzo Pucci (Editore e direttore de “L’Ecologista”, membro fondatore dell’ASCI (associazione che si occupa di tutelare i piccoli agricoltori e artigiani), Vicepresidente di Navdanya International); Vandana Shiva (Dottorato di Ricerca in Fisica Quantica, fondatrice della Research Foundation for Science, Technology and Ecology; Fondatrice di Navdanya).
Si tratta di uno strumento per difendere la libertà dei cittadini e la sovranità dei semi, nonché una guida pratica per ogni futuro sviluppo di leggi e politiche in materia di sementi.
Tale Legge dei Semi tutela e garantisce della biodiversità, i diritti degli agricoltori e la produzione agroecologica come obiettivi superiori. Sostiene inoltre l’avanzamento della ricerca sulla diversità delle sementi, sulle loro qualità e sulla loro resilienza, caratteristiche che permettono di affrontare le sfide della crisi economica, ecologica e della sicurezza alimentare all’interno di uno scenario segnato dai cambiamenti climatici.
Questa legge stabilisce che:
- l’interesse a lungo termine (delle generazioni presenti e future) ha la precedenza sull’interesse privato e di breve termine;
- la conservazione delle risorse naturali, inclusa l’ agro-biodiversità, ha la precedenza sull’utilizzo non sostenibile di tali risorse da parte delle generazioni presenti;
- l’agro-biodiversità di origine genetica, tecnologica oppure derivante dagli effetti dei sistemi agricoli, è il carburante del motore dello sviluppo sostenibile, assicura un’agricoltura sostenibile in un futuro incerto;
- mantenere, sostenere ed utilizzare la diversità equivale a custodire e tenere in vita delle opzioni alternative per tutti;
- il sistema di produzione agricola non può venir imposto non-democraticamente, ma deve avvenire attraverso un percorso inclusivo di tutti gli attori
- la diversità dei sistemi di produzione deve co-evolvere nel rispetto dell’ambiente e delle risorse naturali, delle diversità culturali, biologiche, e dei valori umani;
- in agricoltura l’innovazione è un procedimento di natura cumulativa, collettiva e continuativa utilizzato a beneficio di tutti;
- si deve applicare il principio della condivisione, non dell’appropriazione, alla biodiversità e alle risorse genetiche, nonché alla conoscenza ad esse associate;
- i vegetali, le loro varietà, le loro parti e componenti, geni inclusi – anche se isolati – (nonché procedimenti biologici essenziali per la produzione di varietà vegetali) non possono essere brevettabili.
Per un piccolo paese come San Marino, è indispensabile tutelare e proteggere la propria biodiversità per poter difendere la sua stessa sovranità.
Non vi è sovranità senza una base di indipendenza alimentare.
La diversità genetica delle colture è indispensabile per fornire resilienza (per affrontare i cambiamenti ambientali e climatici), soddisfare le esigenze della sua popolazione in espansione; migliorare la qualità del cibo (il valore nutritivo, il gusto, l’appropriatezza), sviluppare resistenza a parassiti e malattie in continua evoluzione, garantire una maggiore stabilità di produzione, migliorare le condizioni degli agricoltori e migliorare l’integrità degli ecosistemi agricoli ed anche naturali.
San Marino non è esente dalle conseguenze dell’approccio convenzionale a semi e agricoltura.
L’agro biodiversità (sviluppata in tutto il mondo in millenni di colture, raccolti, conservazioni e scambi di semi) è oggi a repentaglio per via dell’applicazione di metodi di miglioramento genetico che hanno portato alla sostituzione delle varietà locali con varietà geneticamente omogenee, tanto che a livello globale circa il 75% delle varietà sono scomparse nell’ultimo secolo: solo tre specie, grano, mais e riso forniscono il 60% delle calorie e sedici specie il 90% delle calorie
al genere umano.
Siamo dunque in piena emergenza e si ritiene che il modo migliore per combattere la perdita di biodiversità sia un modo diverso di fare miglioramento genetico e la produzione di cibo a livello locale.
Nell’ultimo secolo, invece di lasciare che la natura diversificasse le varietà vegetali, adattandole all’ambiente circostante, l’approccio convenzionale ha perseguito a modificare l’
ambiente per renderlo omogeneo ai semi di loro proprietà, attraverso irrigazione, fertilizzanti, pesticidi.
Ciò ha causato grossi problemi, legati sia all’impatto del pesante uso di sostanze chimiche sull’ambiente, sia agli agricoltori più piccoli e locali, non in grado di acquistare i prodotti chimici necessari per le prestazione desiderate delle nuove varietà, sia all’importanza della biodiversità agricola, per molto tempo ignorata.
L’attuale normativa europea sulla commercializzazione delle sementi (risalente agli anni ’60) sta spingendo le attività di conservazione della biodiversità verso l’illegalità perché le varietà antiche non possono essere registrate su cataloghi ufficiali in quanto non uniformi e stabili.
Questa legislazione è stata istituita per orientare i sistemi agricoli verso l’industrializzazione (rendimenti più elevati, meccanizzazione, standardizzazione della produzione, divisione delle mansioni e sostituzione delle varietà tradizionali con varietà uniformi), non riconoscendo il contributo delle comunità locali ed autoctone e dei diritti degli agricoltori per la conservazione e la valorizzazione delle varietà locali.
Tale legislazione è ormai orientata verso la tutela di meri interessi commerciali dell’industria della selezione, escludendo dal mercato varietà appartenenti al pubblico dominio e favorendo la perdita di biodiversità.
Negli ultimi 20 anni in Europa sono stati percorsi alcuni passi significativi in questa direzione, come il Trattato Internazionale sulle Risorse Fitogenetiche, la Convenzione sulla Diversità Biologica e il suo Protocollo sull’Accesso alle Risorse Genetiche e l’Equa Condivisione dei Benefici (protocollo di Nagoya): è tuttavia necessario compiere un passo ulteriore, nella direzione del riconoscimento dei semi come Beni Comuni e della loro piena disponibilità per chi non ha intenzione di appropriarsene; è di questo che si occupa la Legge qui proposta.
Anche l’aspetto delle ricadute sulla salute a seguito dell’utilizzo massiccio di chimica in agricoltura sono importanti e sono riconosciuti da molti enti internazionali, agenzie e studi di ricerca.
L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Airc), agenzia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), nei primi mesi del 2015 ha classificato cinque pesticidi come “probabili” o “possibili” agenti cancerogeni per gli esseri umani. Le sostanze individuate dalla IARC sono descritte nello studio “Carcinogenicity of tetrachlorvinphos, parathion, malathion, diazinon, and glyphosate”, pubblicato su The Lancet Oncology.
Questa classificazione, seppur non vincolante, ha aiutato diversi governi ed organizzazioni internazionali ad emanare e raccomandare regolamenti, legislazioni o interventi riguardanti i pesticidi per proteggere la salute pubblica.
Il gruppo di lavoro ISDE Italia sui pesticidi, nel suo documento di marzo 2015 intitolato” PESTICIDI, PRATICHE AGRICOLE, AMBIENTE E SALUTE” , che riprende il rapporto dell’EFSA (European Food and Safety Authority), pubblicato nel 2013 sul monitoraggio dei pesticidi negli alimenti, si sofferma su due aspetti dei pesticidi che li rende particolarmente pericolosi per la salute: la loro persistenza ed il processo di bioaccumulo in organi e fluidi.
Essendo altamente lipofili, molti pesticidi tendono a bioaccumularsi in corrispondenza di specifici tessuti e fluidi animali – anzitutto nel tessuto adiposo e nel latte materno e, in misura minore, nel tessuto nervoso, nei muscoli, nel fegato e negli organi riproduttivi – e ad accrescere la loro concentrazione via via che dai li-velli più bassi della catena alimentare si sale a quelli più alti.
Tra gli effetti sull’uomo l’ISDE precisa:
Una mole crescente di evidenze scientifiche, sia sperimentali che epidemiologiche, documenta che l’esposizione cronica ai pesticidi può essere all’origine di alterazioni a carico di svariate strutture dell’organismo umano. Tra queste, i sistemi nervoso, endocrino, immunitario, riproduttivo, renale, cardiova-scolare e respiratorio.
In conclusione:
Numerosi studi indicano che l’assunzione di alimenti ottenuti da filiere ecologiche (biologico/biodinamico), senza impiego di pesticidi, comporta una netta riduzione di queste sostanze e dei loro metaboliti nell’organismo umano (54, 44). I cibi provenienti da tali filiere possiedono migliori qualità nutrizionali e mag-giori quantità di antiossidanti, acidi fenolici, stilbeni, flavonoidi, antocianine e altri elementi nutritivi in grado di prevenire una lunga serie di problemi di salute. Un’alimentazione attenta alla qualità tossicologica e nutri-zionale degli alimenti viene attualmente considerata protettiva nei confronti di malattie croniche come quelle tumorali, cardiovascolari, metaboliche e neurodegenerative.
INTRODUZIONE
Il seme è il fondamento della catena alimentare, ma sempre più spesso viene trasformato in merce e commercializzato da interessi corporativi che, attraverso i brevetti, mirano a ottenerne la proprietà assoluta.
Quando si mira a ottenere la proprietà assoluta sul seme, che è la vita stessa, non ci ritroviamo di fronte solo a una crisi alimentare e agricola ma di fronte a una crisi della democrazia.
Ci sono tre aspetti nel sistema dominante di leggi collegate ai semi:
- I Brevetti Industriali sul Seme che trattano il seme come una “invenzione”, e da qui la “proprietà intellettuale”, aggiungendo artificialmente un gene nell’organismo;
- I Diritti dei Selezionatori come in UPOV (Unione internazionale per la protezione delle nuove varietà vegetali) che privilegia l’uniformità e la selezione industriale;
- Leggi sementiere che estendono criteri industriali di uniformità sulle varietà degli agricoltori e sulle varietà a libera impollinazione, che vengono selezionate per la diversità e la resilienza.
L’articolo 27.3 (b) dell’accordo TRIPS recita: “I paesi aderenti possono escludere dalla brevettabilità le piante e gli animali, a parte i microrganismi, e i processi essenzialmente biologici per la produzione delle piante o degli animali, diversi dai processi non biologici e microbiologici. Tuttavia, i paesi aderenti dovranno provvedere alla protezione delle varietà vegetali, o tramite brevetti o tramite un efficace sistema sui generis o tramite una combinazione dei due sistemi”.
Questa protezione sulle varietà vegetali vieta il libero scambio di semi tra agricoltori, minacciando la loro sussistenza e la possibilità di salvare e scambiare i semi fra loro.
La clausola TRIPS inerente i Brevetti sulla Vita era tenuta a una revisione obbligatoria nel 1999, perché l’idea di “creare” e di “inventare” la vita, e quindi possederla, era evidentemente sbagliata. Tuttavia tale revisione non è mai stata fatta.
- Mentre gli agricoltori selezionano per la diversità, le multinazionali selezionano per l’uniformità.
- Mentre gli agricoltori selezionano per la resilienza, le multinazionali selezionano per la vulnerabilità.
- Mentre gli agricoltori selezionano per il gusto, la qualità e la nutrizione, l’industria seleziona per la trasformazione industriale e per il trasporto a lunga distanza in un sistema alimentare globalizzato.
I Brevetti sui Semi sono giuridicamente sbagliati perché i semi non sono un’invenzione.
I Brevetti sui Semi sono eticamente sbagliati, perché i semi sono forme di vita, sono nostri parenti all’interno della nostra famiglia qual è la terra.
Possedere la vita, quindi, sostenendo che questa sia una invenzione aziendale è sia eticamente che giuridicamente sbagliato.
La Legge del Seme serve dunque a mettere la diversità e la democrazia, la sostenibilità e i diritti delle persone, al centro dei quadri scientifici e giuridici che governano il seme, al posto dell’attuale tendenza delle monocolture e dei monopoli, dell’uniformità e della privatizzazione, del controllo societario e della criminalizzazione della biodiversità e degli agricoltori.
La Legge del Seme si propone di restaurare la biodiversità e il riconoscimento dei diritti degli agricoltori, di restaurare i sistemi democratici nelle società per elaborare le leggi e la conoscenza.
La Legge del Seme si focalizza sulla Libertà dei Semi – la libertà del seme, degli agricoltori e dei cittadini – al posto della libertà illegittima delle multinazionali di rivendicare il patrimonio genetico del pianeta come loro proprietà e di criminalizzare le libertà dei cittadini. La libertà di conservare e scambiare i semi è vitale nel nostro tempo caratterizzato da molteplici crisi – la crisi della biodiversità, la crisi dell’acqua, la crisi alimentare, la crisi climatica e la crisi economica.
PERCHÉ L’AGRO-BIODIVERSITÀ È IMPORTANTE
La diversità biologica agricola è il magazzino che rifornisce l’umanità di cibo, vestiti, medicine, energia e materie prime. È essenziale per lo sviluppo di un’agricoltura sostenibile e la sicurezza alimentare.
L’evoluzione è il processo tramite cui la natura mette in pratica la sua capacità di selezione; affinché l’evoluzione continui ad esistere, la natura ha bisogno di diversità. La diversità è anche la base per l’agricoltore, per il selezionatore e per lo scienziato agricolo in generale. Abbiamo bisogno di diversità per consentire l’evoluzione e quindi la capacità di adattamento. Abbiamo bisogno di diversità per essere in grado di selezionare le colture con le migliori caratteristiche.
Attualmente non più di 120 specie coltivate forniscono il 90% del cibo umano di origine vegetale e 12 specie di piante e cinque specie animali da sole forniscono oltre il 70% di tutto il cibo umano. Solamente quattro specie vegetali (patate, riso, mais e grano) e tre specie animali (bovini, suini e polli) forniscono oltre la metà di tutto il cibo umano. Centinaia di migliaia di varietà eterogenee di piante e varietà locali, che esistevano nei campi degli agricoltori fino all’inizio del XX secolo, sono state sostituite da un piccolo numero di varietà commerciali moderne e altamente uniformi. La perdita di biodiversità agricola ha ridotto drasticamente la sicurezza alimentare e la capacità delle generazioni presenti e future di affrontare i cambiamenti ambientali ormai sempre più imprevedibili.
L’erosione genetica mette a rischio produzione alimentare e agricoltura sostenibile
Il metodo agricolo convenzionale ha portato ad una elevata produzione meccanizzata di colture e piante standardizzate e omogenee per soddisfare la domanda. Questo a sua volta ha portato alla perdita di molte varietà tradizionali eterogenee degli agricoltori.
La perdita di specie e varietà locali porta alla perdita irreversibile della diversità genetica che contengono, tra cui i geni per l’adattamento alle condizioni in cui si sono evoluti. Questa erosione genetica ha pericolosamente ridotto la riserva genetica disponibile per la selezione naturale e la selezione da parte degli agricoltori e dei selezionatori, con un conseguente aumento della vulnerabilità delle colture agricole a improvvise variazioni climatiche, così come alla comparsa di nuovi parassiti e malattie.
Il valore delle varietà tradizionali degli agricoltori e dei parenti selvatici delle piante coltivate per il miglioramento delle colture e per lo sviluppo agricolo non può essere sottovalutato. Infatti, il concetto di “utilità” varia in funzione delle esigenze e delle informazioni disponibili. Per esempio: Una varietà locale di grano trovato in Turchia, registrato da JR Harlan nel 1948, è stato ignorato per molti anni a causa delle sue numerose caratteristiche agricole negative. Ma nel 1980, si è scoperto che la varietà è portatrice di geni resistenti ai funghi Puccinia Striiformis, 35 ceppi di Tilletia caries e T. foetida, e a 10 varietà di fungo T. controversa, ed è anche tollerante a certe specie di Urcocystis, Fusarium. Per questo è stato possibile utilizzarla successivamente usata come fonte di resistenza a tutta una serie di malattie.
L’uniformità aumenta la vulnerabilità e riduce la stabilità nella produzione alimentare
Il sistema dominante della produzione di semi è basato su “uniformità e omogeneità”. Sembra sia stato adottato il dogma che “l’uniformità”, sia all’interno delle varietà sia tra le varietà, sia necessaria per sfamare il mondo.
Questa tendenza favorisce l’agricoltura industriale che applica prodotti chimici per controllare i parassiti, malattie e infestanti o fertilizzanti.
Al contrario, gli agricoltori hanno tradizionalmente utilizzato le colture e la diversità delle varietà come un modo di adattarsi al diversificarsi del rischio: un concetto che è molto chiaro ai responsabili delle attività finanziarie che consigliano sempre, ai clienti che vogliono ridurre al minimo il rischio, di diversificare i loro investimenti finanziari. Questo concetto è scomparso dal moderno miglioramento genetico minando la sicurezza alimentare sempre più esposta a malattie e parassiti invasivi di nuova generazione.
Requisiti “anti-evolutivi” a favore dei diritti privati e consolidamento dei monopoli
La tendenza del miglioramento genetico verso l’uniformità è stato legittimato dall’introduzione dei requisiti DUS (distinzione, uniformità e stabilità). In un certo numero di paesi, la registrazione delle varietà (e la necessità di essere registrate per essere “legalmente” coltivate) richiede test per il DUS e, per alcune colture, per il VCU (valore agronomico e di utilizzazione) per un minimo di due anni. “Distinzione” significa che la varietà deve essere distinguibile per una o più caratteristiche da tutte le altre varietà registrate. “Uniformità” significa che tutte le piante dallo stesso lotto di sementi devono essere uguali. “Stabilità” significa che le piante devono rimanere le stesse attraverso tutte le generazioni successive. VCU significa che rispetto ad altre varietà registrate, la varietà nuova in corso di registrazione offre un salto qualitativo e tecnologico.
Tali concetti non hanno giustificazione biologica. Chi ha imposto l’uniformità per distinguere più facilmente le varietà tra loro, probabilmente ignora che in molti paesi gli agricoltori coltivano anche ecotipi eterogenei della stessa coltura che nonostante la loro eterogeneità sono identificati con nomi e caratteristiche distinte, anche se non uniformi. Sono tenuti in coltura, perché sono molto più stabili (nel tempo) rispetto alle varietà Distinte, Uniformi e Stabili.
L’uniformità e la stabilità sembrano essere l’opposto di ciò che è necessario in presenza della continua evoluzione di parassiti e malattie e in presenza di un bersaglio in movimento, come l’aumento delle temperature e le siccità causate dai cambiamenti climatici.
L’interesse degli agricoltori è la consistenza della produzione nel tempo (resilienza). L’interesse delle aziende sementiere è la consistenza della produzione nello spazio. Sono posizioni agli antipodi, e i programmi di miglioramento genetico nonché le procedure di registrazione (basati sul DUS), sono organizzati per rispondere solo a quest’ultima.
Opportunità di selezione vegetale per riconciliare l’agro-biodiversità e le esigenze degli agricoltori
È possibile riconciliare resilienza, biodiversità, qualità degli alimenti, sicurezza alimentare e una sufficiente produzione di cibo. Scienza e tecnologia sono potenti “strumenti” per servire la società, in quanto essi possono essere utilizzati in tutte le direzioni (verso l’uniformità e verso la diversità), ed è nell’esercizio della saggezza che la maggior parte dei benefici possono essere sfruttati.
Per un certo periodo di tempo il miglioramento genetico commerciale ha escluso soluzioni locali, che non potevano essere sfruttate con profitto, ignorando in tal modo le conoscenze locali. La ricerca partecipativa è quel tipo di ricerca in cui gli utenti sono coinvolti nella progettazione di una nuova tecnologia. Quando la nuova tecnologia è una varietà, la Selezione Vegetale Partecipativa (PPB) è quel tipo di selezione vegetale in cui gli agricoltori partecipano nello sviluppo di una nuova varietà.
La PPB è una collaborazione che sfrutta i vantaggi comparativi sia degli istituti di selezione vegetale sia degli agricoltori e possibilmente di altri partner. In un vero programma PPB entrambi i ruoli dei partner, nonché la misura e le modalità con cui essi collaborano, cambiano con il tempo.
Un programma PPB ha quattro importanti caratteristiche organizzative:
- La maggior parte del programma si svolge nei campi degli agricoltori (decentrato);
- Le decisioni sono prese congiuntamente da selezionatore, agricoltori e altri partner;
- Il programma può essere replicato in diverse località con differenti metodologie e tipi di germoplasma;
- La selezione è condotta da agricoltori e selezionatori in ogni ambiente in modo indipendente dagli altri ambienti.
Con la prosecuzione di un programma partecipativo, vi è anche una rapida rotazione delle varietà che aumentano così anche l’agro-biodiversità nel tempo.
IL TITOLO I della legge si riferisce alla conservazione della biodiversità agricola, che avviene in situ presso i campi degli agricoltori o comunque nei suoi ambienti naturali.
La direzione è quella del riconoscimento dei semi come Beni Comuni e la loro piena disponibilità e libertà di accesso per chi non ha intenzione di appropriarsene.
Inoltre viene incoraggiata la conservazione attraverso metodi agro ecologici, che uniscono al lavoro nei campi la ricerca, le tecniche conservative della fertilità, l’ autoproduzione delle sementi e l’m attenzione alle risorse naturali e al loro consumo.
IL TITOLO II si riferisce al miglioramento genetico e alla produzione di semi, che deve avvenire sulla base dei principi di qualità, diversità, resilienza (cioè la capacità di affrontare i cambiamenti ambientali e climatici) e riproducibilità.
Per questo motivo i programmi di ricerca pubblici devono avere come obiettivo quello dell’aumento della biodiversità, l’ampliamento della base genetica delle piante, l’autoproduzione da parte degli agricoltori, i quali sono chiamati a produrre semi che rispondano alle esigenze locali ma anche a rispettare il contesto agricolo e ambientale locale. Occorre quindi dare priorità a quegli agricoltori che utilizzano metodi agro ecologici, coinvolgendoli in programmi partecipati di miglioramento genetico (cioè inclusivi, che coinvolgano tutti gli attori: agricoltori, scienziati, associazioni, consumatori ecc..perchè l’innovazione in agricoltura è un processo cumulativo, collettivo e continuo), che hanno lo scopo di sviluppare linee interessanti di varietà con adattamenti specifici locali.
IL TITOLO III tratta dei diritti degli agricoltori ed in particolare della libertà di selezionare i propri semi, riprodurli, scambiarli e condividerli, riprendendo l’articolo 9 del Trattato Internazionale sulle Risorse Fitogenetiche per l’Alimentazione e l’Agricoltura ed in particolare due principi: la sovranità del seme e l’autodisciplina delle comunità agricole. Lo scambio di semi informale non deve essere sottoposto ad alcun tipo di etichettatura.
Possono essere realizzati sistemi di proprietà collettiva a livello pubblico volti alla conservazione, che devono essere assenti da oneri amministrativi e da imballaggi che siano diversi dall’ etichettatura. Quest’ultima deve riguardare esclusivamente la descrizione delle caratteristiche e la garanzia ragionevole di qualità sanitaria.
Diventa invece campo obbligatorio in etichetta l’utilizzo di sostanze chimiche con precisi riferimenti del tipo di sostanza usata e della sua quantità.
IL TITOLO IV riguarda i diritti di proprietà intellettuale.
Stabilendo che i semi e le forme di vita non sono invenzioni, viene vietata ogni tipo di brevettabilità sul vivente all’interno della Repubblica di San Marino.
Viene istituita la biblioteca digitale di conoscenze tradizionali e risorse biologiche: una banca dati pubblica per catalogare in modo progressivo la disponibilità delle risorse fitogenetiche del territorio ed i saperi ad esse legate e favorire la collaborazione tra gli agricoltori.