Il metodo scientifico della nonna e gli ogm – di Pietro Perrino

 

Condividiamo l’articolo di Pietro Perrino, membro del comitato Scientifico di Banca della Vita che, dopo aver letto l’intervista, apparsa sul quotidiano La Repubblica del 6 gennaio scorso, fatta da Piergiorgio Odifreddi a Richard Roberts, premio Nobel per la medicina nel 1993, ha deciso di commentare, con un articolo dal titolo Il metodo scientifico della nonna e gli ogm, le risposte fornite dallo scienziato statunitense, dando vita ad una sorta di dibattito virtuale.

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Il metodo scientifico della nonna e gli ogm

Il 6 gennaio 2016, il giorno della Befana, su Repubblica.it Cultura (1), Piergiorgio Odifreddi, noto

matematico e divulgatore scientifico italiano, ci ha regalato

un’intervista fatta a Richard Roberts,

chimico e biologo inglese, vincitore del Nobel per la Medicina 1993 (per la scoperta dello splicing

dei geni). Il titolo dell’intervista è: Richard Roberts: “Il metodo scientifico? Farsi capire dalle

nonne”. Odifreddi precisa che “Roberts è attivamente impegnato nella diffusione del sapere

scientifico, e al meeting interdisciplinare dei premi Nobel tenuto nel 2015 a Lindau ha lanciato un

appello ai suoi colleghi affinché si coalizzino contro una delle grandi superstizioni del mondo

moderno: l’idea, cioè, che gli organismi geneticamente modi-ficati …”. I puntini sono miei, perché

la frase è incompleta.

Data l’importanza dell’argomento, ho pensato di commentare le risposte del premio Nobel e di

pubblicarle, sperando di fare un gradito, anche se modesto, assist a Odifreddi.

1. Odifreddi: Lei sostiene che la propaganda anti ogm è orchestrata dagli ambientalisti, ma quali

sarebbero le loro motivazioni?

Roberts: Molto semplicemente, la politica e l’economia: cioè, il potere e i soldi. Greenpeace, ad

esempio, è un’organizzazione non governativa che riceve finanziamenti enormi. Infatti c’è molta

gente che giustamente si preoccupa dell’ambiente, e ogni volta che trova una causa che sembra

essere favorevole all’ambiente la sposa.

Perrino: Dunque, secondo Roberts, gli ambientalisti, tra cui Greenpeace (2), sposerebbero le

preoccupazioni della gente sull’ambiente per acquisire potere e soldi. Mai sentita una favola del

genere. Greenpeace è contro gli ogm perché sa che non servono e sono anche nocivi. Sappiamo,

invece, che, nonostante il potere delle multinazionali, in circa 20 anni (1995-2015) le piante

transgeniche (ogm) non si sono diffuse oltre il 4% della superficie agraria mondiale (3)

semplicemente perché in media producono meno delle piante convenzionali (4, 5) e la gente si sta

accorgendo, sempre più, che sono nocive per la salute (3). Pertanto, è vero che Greenpeace ha

sposato una buona causa, ma le motivazioni addotte da Roberts non possono essere vere. Il lettore

lo capirà da solo, continuando a leggere.

2. Odifreddi: E perché concentrarsi sugli ogm?

Roberts: Perché erano una causa perfetta. Gli europei non volevano che la Monsanto diventasse il

gestore alimentare dell’Europa, ma sarebbe stato difficile bloccarla in maniera convenzionale.

Certo non si poteva boicottare direttamente qualunque suo prodotto, perché anche la maggior parte

delle sementi convenzionali arriva dalla Monsanto. E allora si è trovato l’angolo giusto da cui

attaccarla.

Perrino: Che io sappia, gli ambientalisti, incluso Greenpeace, lottano contro ogni cosa che

minaccia l’esistenza umana e non solo contro gli ogm, ma anche contro tutti gli alimenti inquinati o

inquinanti. D’altra parte, perché gli europei dovrebbero consentire alla Monsanto di gestire

l’industria alimentare del loro continente? Sulla questione se la maggior parte delle sementi europee

convenzionali sia della Monsanto o meno ci sarebbe da discutere, perché bisognerebbe distinguere

tra quelle prodotte direttamente dalla Monsanto e quelle prodotte da imprese europee legate alla

Monsanto, o ad altre multinazionali, e quelle almeno apparentemente indipendenti.

Bisognerebbe, ancora, distinguere tra semi convenzionali di varietà moderne e semi convenzionali

di varietà antiche. A queste domande si può rispondere dopo accurate ed opportune analisi, ma il

punto qui è se l’Europa deve cedere sistematicamente a quanto viene imposto dalle multinazionali o

no. Su questa problematica rimando alle reazioni degli europei al TTIP (Transatlantic Trade and

Investment Partnership). Si tratta di un accordo commerciale di libero scambio in corso di

negoziato dal 2013 tra UE e USA (6). Nel merito, a parte il giudizio negativo della maggior parte

degli europei e di Greenpeace (7), Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia nel 2001 (per aver

contribuito alla teoria delle “asimmetrie informative”), sostiene che l’accordo comporterà una

riduzione delle garanzie e una mancanza di tutela dei diritti dei consumatori.

Ma, in modo ancora più incisivo, Stiglitz ha affermato: « La guerra moderna, fortemente

tecnologica, mira ad eliminare il contatto umano: sganciare bombe da un’altezza di 15.000 metri

permette di non sentire quello che si fa. La gestione economica moderna è simile: dalla lussuosa

suite di un albergo si possono imporre con assoluta imperturbabilità politiche che distruggeranno

la vita di molte persone, ma la cosa lascia tutti piuttosto indifferenti, perché nessuno le conosce.»

(8). Roberts sa cos’è l’ordine 81 del Decreto imposto all’Iraq subito dopo la seconda guerra del

Golfo? La Monsanto imponeva ai contadini iracheni l’uso di ogm (9). Sono tantissimi i crimini

contro l’umanità di cui la Monsanto dovrà rispondere (10, 11, 12, 13). Chi si documenta sulle

attività della Monsanto nel mondo, difficilmente può pensare, come fa Roberts, che il problema per

la Monsanto (e quindi gli ogm) siano gli ambientalisti.

3. Odifreddi: Questa dovrebbe essere una preoccupazione della concorrenza, più che degli

ambientalisti.

Roberts: Non c’è molta concorrenza in quel campo, che è praticamente un monopolio statunitense

da molto tempo. La Monsanto esiste come colosso chimico dagli inizi del Novecento ed è attiva in

Europa da più di un secolo, anche se ha iniziato a produrre sementi transgeniche solo una trentina

di anni fa. E dopo la fusione con la Seminis Incorporated, una decina di anni fa, è anche diventata

la prima produttrice di sementi convenzionali.

Perrino: A livello mondiale la concorrenza con altri produttori di semi e quindi di cibo c’è e come.

La Monsanto ha quasi il monopolio nella produzione (commercializzazione) di semi, ma

limitatamente all’agricoltura industriale, che varia dal 20 al 30% circa. Dal 70 all’80% del cibo, a

livello mondiale, proviene da un’agricoltura praticata su piccola scala (14, 15, 16).

La Monsanto e le altre multinazionali vorrebbero conquistare il monopolio su scala mondiale, ma

non ce la faranno mai, perché il futuro appartiene all’agricoltura biologica o ecologica e non alla

monocoltura industriale ed in particolare degli ogm. Vorrei far rilevare che chi si oppone

all’introduzione e coltivazione degli ogm sono i cittadini, gli ambientalisti e diverse associazioni,

tra cui Greenpeace, informati da scienziati indipendenti, che non sono sul libro paga di nessuno. È

dalla Rivoluzione Verde (anni Quaranta e Cinquanta) che la Monsanto cerca di conquistare il

monopolio assoluto dei semi. Da quando poi è partita con la produzione degli ogm (anni Novanta) è

entrata in competizione anche con le banche dei semi, ma di questo ne parlerò dopo.

4. Odifreddi: Quando è iniziata la protesta?

Roberts: Non appena la Monsanto ha cercato di introdurre i primi ogm in Europa. La tecnologia

che li ha resi possibili è stata sviluppata negli anni Settanta, e negli anni Ottanta la Monsanto ha

ottenuto i primi grossi brevetti per le sementi. Uno famoso riguardava il modo di impiantare dei

geni terminatori che impedissero il riutilizzo delle sementi, il che obbligava i consumatori a

ricomprarli ogni anno e a pagare ogni volta i diritti per l’uso. Anche se questo è un falso problema,

perché i contadini preferiscono usare sementi nuove piuttosto che sementi riciclate e degenerate.

Perrino: La prima volta che si è parlato di DNA ricombinante o ingegneria genetica è stato a

febbraio del 1975, alla conferenza di Asilomar (17), ma le prime piante transgeniche sono state

commercializzate a partire dal 1994. La prima pianta transgenica coltivata, storicamente parlando, è

stata la Flavr Savr, una varietà di pomodoro con la bacca più resistente al trasporto ed alla

conservazione, dopo la raccolta. Ma dopo qualche anno fu subito ritirata, in quanto si rivelò un

fallimento.

Oggi le piante transgeniche più diffuse sono solo quattro: mais, soia, colza e cotone. Alcune hanno

la prerogativa di essere resistenti agli erbicidi ed altre ad alcuni insetti. Complessivamente, come

già detto, sono riuscite ad occupare appena il 4% della superficie agraria mondiale. In genere, la

diffusione è avvenuta in aree geografiche con grosse carenze politiche e/o con vertici politici e

scientifici vulnerabili alla corruzione.

La protesta contro gli ogm è stata un crescendo, fino ad arrivare oggi ad essere sempre più forte,

anche, se non soprattutto, nei Paesi dove la coltivazione è più estesa. Ciò accade perché la gente

avverte direttamente e con sempre maggiore evidenza gli effetti negativi degli ogm sull’ambiente

(biodiversità), sulla propria salute e quella degli animali, per non parlare di quella delle stesse piante

transgeniche. Ciò perché, nel tempo, le stesse piante ogm diventano vulnerabili sia ai patogeni per

cui sono state ingegnerizzate, che ad altri patogeni no target.

Roberts non solo non risponde alla domanda, ma fa addirittura pena quando afferma che i

“contadini preferiscono usare sementi nuove piuttosto che sementi riciclate e degenerate”. Qui è

necessario fare un distinguo. I contadini che producono l’80% del cibo mondiale, praticando

agricoltura su piccola scala (14, 15, 16) e stando lontani dagli ogm, hanno “scarpe grosse e cervello

fino”. Questi contadini si fidano solo dei loro semi e non di quelli che non conoscono. Gli altri

contadini, quelli che producono il 20% del cibo mondiale, praticando un’agricoltura industriale

(estensiva) ad alto impatto ambientale, sono, in vario grado, vittime di modelli agricoli

insostenibili, dominati, in qualche modo, dalle multinazionali.

Come fa un genetista, premio Nobel, a chiamare sementi “riciclate e degenerate” sementi che

invece si sono adattate all’ambiente di coltivazione, proprio come conseguenza del loro allevamento

in quell’ambiente? Tra l’altro, l’affermazione puzza di razzismo. Richiama alla mente il concetto di

“razza pura”, che studiosi e politici, negli anni Trenta e Quaranta, volevano applicare anche alle

razze di grano.

Estasiati da questi pensieri, genetisti e breeders dell’epoca scartavano le spighe di grano che

essendo lontane dalle forme desiderate, venivano chiamate “aberranti”. Solo dopo si capì che così

facendo si provocava erosione genetica, si perdeva biodiversità, e negli anni Sessanta e Settanta, a

Rivoluzione Verde inoltrata (quando l’Eugenetica diventò meno forte), genetisti, ecologisti,

breeders e organismi internazionali, come la FAO, pensarono di correre ai ripari, creando, nel

mondo, numerose banche dei semi (seedbanks o genebanks).

Roberts queste cose le sa? Oggi, purtroppo, le oltre 1400 banche dei semi sparse nel mondo

soffrono per due motivi: a) carenza di finanziamenti, perché la politica preferisce finanziare le

ricerche a livello molecolare, in buona parte propedeutiche agli ogm, e b) competizione diretta tra

ogm e risorse genetiche conservate, appunto, nelle banche dei semi. Per approfondimenti sui rischi

delle banche dei semi nel mondo, informazioni utili sono disponibili in rete (18, 19, 20 ,21, 22).

5. Odifreddi: Lei ha parlato dell’Europa, ma il movimento ambientalista non è solo europeo.

Roberts: Si è ormai diffuso in tutto il mondo, ed è forte anche negli Stati Uniti. Si cerca ad esempio

di obbligare i produttori a dichiarare l’eventuale presenza degli ogm nei loro prodotti, per

scoraggiarne il consumo. In questo caso la richiesta arriva dai produttori di prodotti cosiddetti

“biologici” o “organici”, con l’obiettivo di alzarne i prezzi a causa della certificazione, e di

aumentarne le vendite a causa della loro supposta qualità.

Perrino: Che le associazioni di prodotti biologici cerchino di utilizzare la nocività (vera e non

presunta) dei prodotti ogm per alzare i prezzi dei loro prodotti non ogm può anche essere vero.

Piccole e medie imprese cercano di sfruttare le leggi di mercato: domanda e offerta. Per nostra

fortuna, la quantità di prodotti biologici non certificati e quindi a prezzi bassi o normali è di gran

lunga superiore a quella dei prodotti biologici certificati.

Di norma, il maggior prezzo dei prodotti biologici certificati non è giustificato solo dalle spese di

certificazione, ma, forse, anche da maggiori spese di coltivazione. In ogni caso, di certo c’è che i

prodotti biologici sono migliori di quelli non biologici, come dimostrato da diversi studi e ricerche

(23, 24, 25). A parte ciò, non credo che possiamo negare gli effetti negativi di un’agricoltura

industriale, peggio ancora se praticata con gli ogm, e gli effetti positivi di un’agricoltura più

rispettosa dell’ambiente, come è quella di diverse forme di agricoltura biologica.

Molta gente l’ha già sperimentato sulla propria pelle. E non credo che si tratti di effetto placebo,

perché i risultati sono suffragati da analisi oggettive, chimiche sui prodotti e cliniche sui pazienti.

La qualità dei cibi biologici è sicuramente superiore a quella dei cibi transgenici (26, 27, 28).

6. Odifreddi: Molte persone vorrebbero che in certi prodotti non ci fossero “ingredienti chimici”…

Roberts: Io invece mi fido di più del trasferimento di uno specifico gene in condizioni controllate di

laboratorio, che non di un trasferimento incontrollato di centinaia di geni avvenuto mediante una

selezione casuale “naturale.

Perrino: Roberts elude la domanda. Odifreddi ha detto che alla gente non piace la presenza di

ingredienti chimici e Roberts ha preferito parlare di geni, ma si è tirato una zappa sui piedi, in

quanto non è vero che con l’ingegneria genetica si trasferisce solo il gene d’interesse e che lo si fa

in maniera controllata, mentre con il breeding tradizionale oltre al gene d’interesse si trasferiscono

centinaia di geni ed in maniera incontrollata.

Quello che accade, invece, è esattamente il contrario. Cioè, con l’ingegneria genetica si trasferisce,

in maniera casuale (tutt’altro che controllata) nel genoma dell’individuo che si vuole trasformare,

una sintesi approssimativa del gene (transgene) insieme ad un cocktail di pezzi di DNA (DNA

transgenico) costituito da promotori, terminatori e DNA per la resistenza agli antibiotici (27, 29,

30).

Si tratta di pezzi di DNA virali (perché sono i soli capaci di saltare nei genomi) spesso mortali. Il

DNA per la resistenza agli antibiotici è chiamato marcatore, perché serve a marcare, in laboratorio,

le cellule trasformate in presenza di antibiotici in modo tale da poterle individuare, perché non tutte

le cellule vegetali in coltura si trasformano, incorporando il costrutto (cocktail di DNA) o cassetta

(insieme di costrutti).

Sono cose abbastanza note, che non si capisce perché Roberts le ignori. Queste informazioni,

insieme ad altre che spiegano perché gli ogm sono nocivi per la salute e perché sono instabili, sono

reperibili in diverse pubblicazioni (27, 29, 30).

7. Odifreddi: La sua è una battaglia circoscritta, o genericamente antiambientalista?

Roberts: Greenpeace persegue molti altri ottimi obiettivi, ai quali sono assolutamente favorevole.

Ma sugli ogm si sbagliano, e lo sanno anche loro. Patrick Moore, ad esempio, che oltre a essere

uno dei loro fondatori è anche uno scienziato, se ne è distanziato proprio quando il movimento ha

virato su quel genere di campagne politico-ideologiche.

Perrino: C’è da chiedersi: perché Greenpeace dovrebbe perseguire ottimi obiettivi in tutti i settori,

tranne che negli ogm? Comunque, ho verificato la veridicità di quanto affermato da Roberts su

Patrick Moore ed ho scoperto che Greenpeace ha dedicato a Moore una (brutta) pagina (31), dove

riporta tutta una serie di informazioni negative sulla persona e, purtroppo per Roberts, sono

informazioni documentate (alcune con la firma dello stesso Moore). Su questa pagina è scritto che:

More è sul libro paga dell’industria nucleare, non rappresenta Greenpeace, non è il fondatore di

Greenpeace. Nel 2004 ha pubblicato un articolo su un giornale dell’Atomic International Agency

(IAEA), intitolato “Nuclear Re-think” (Ripensamento sul nucleare), affermando cose che nei fatti

risultarono false (32). Inoltre, suggerì all’Amministrazione Bush di non firmare il Protocollo di

Kyoto e, infine, è un noto promotore dell’energia nucleare. Lui stesso (Moore), prima di diventare

portavoce degli inquinatori scrisse: “Va ricordato che nell’industria nucleare ci sono organizzazioni

molto potenti. Uno non si può più fidare di loro nel dire la verità sul nucleare … “ (33).

Insomma, è una pagina in cui si afferma che Moore, portavoce a pagamento per l’industria nucleare,

l’industria del legno, l’industria e l’ingegneria genetica, cita spesso un’affiliazione, ormai datata,

con Greenpeace, al fine di guadagnare credibilità nei media. Questo è il Moore di Roberts,

favorevole agli ogm e che per questo si allontanò da Greenpeace. Ora, però, noi sappiamo che la

storia è un’altra e ufficialmente Greenpeace è una grossa voce internazionale contro gli ogm.

8. Odifreddi: Si può dire che a farne le spese sono i paesi del terzo mondo?

Roberts: Assolutamente sì, e la responsabilità è degli ambientalisti. Anche perché l’Europa non ha

bisogno degli ogm può farne a meno, ma il terzo mondo no. Ad esempio, il Golden Rice che

contiene la vitamina A è stato inventato nel 1999, e avrebbe potuto salvare dalla morte in tutti

questi anni dieci milioni di bambini con deficienza di vitamina A, ma il suo uso è stato finora

impedito dalla propaganda ambientalista. Quanti altri bambini dovranno morire, prima che questo

diventi un “crimine contro l’umanità” da perseguire penalmente?

Perrino: Finalmente Roberts dice una cosa contro gli ogm quando ammette che l’Europa può fare a

meno degli ogm, ma sbaglia di grosso quando dice che il terzo mondo ne ha bisogno e porta

l’esempio del Golden Rice (riso dorato).

Dopo 20 anni di ricerche e, almeno, 15 anni da quando è stato prodotto questo riso ogm (34, 35)

non è stato ancora accettato, ma non tanto per le opposizioni di ambientalisti, come Greenpeace

(36) o come quelle di Vandana Shiva (37) o studiosi come Mae Wan Ho (38), ma perché è l’idea

stessa che non sta in piedi.

Come si fa a pensare di poter risolvere il problema della cecità dei bambini asiatici con un riso

ogm? E perché non risolverlo, molto più semplicemente, inserendo nella dieta di quei bambini una

carota al giorno? Con tutti i benefici che si ottengono con una dieta varia? Tra l’altro, è stato stimato

che per sopperire alla carenza di provitamina A, con il solo riso dorato, ciascun bambino dovrebbe

mangiare diversi chili di questo riso al giorno.

Per di più, il problema della cecità non è solo una carenza di provitamina A nel cibo, è anche una

carenza di lipidi nel corpicino dei bambini. La cecità colpisce più i bambini magri. Quindi è un

problema di educazione alimentare e di mancanza di accesso al cibo.

In altre parole, è un problema di povertà. Roberts afferma che impedire di risolvere il problema

della cecità con la somministrazione del riso ogm è un crimine. È vero il contrario, il crimine c’è ed

è quello già consumato da parte di chi ha voluto sperimentare il riso dorato su bambini e adulti

senza rispettare il protocollo sperimentale (36, 38, 39). In conclusione, a farne le spese sono sì i

paesi del terzo mondo, ma non nel senso che dice Roberts, quanto nel senso che la gente di quel

mondo sta soffrendo, morendo e suicidandosi a causa della coltivazione di cotone e coltivazione e/o

consumo di mais e soia ogm (40). Pertanto, affermare che milioni di bambini del terzo modo

muoiono perché l’uso del riso ogm è “impedito dalla propaganda ambientalista” è veramente

ridicolo.

9. Odifreddi: Come mai, però, questi falsi allarmi sono così efficaci?

Roberts: Perché appena qualcuno grida al lupo, subito la gente si agita e diventa paranoica. Ad

esempio, prima dell’11 settembre i controlli di sicurezza erano inesistenti, e ora praticamente ci

denudano prima di lasciarci passare. Ma io certo non mi sento più sicuro a causa di quelle

sciocche procedure, che solo negli Stati Uniti ci costano ben un miliardo di dollari all’anno e

causano un incredibile spreco di risorse. Il rischio del terrorismo non è così grande, ma il pubblico

è facile preda dei discorsi dei politici sulla sicurezza, così come di quelli degli ambientalisti sugli

ogm.

Perrino: Non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere. Il problema della sicurezza è sotto gli occhi

di tutti e quello degli ogm è un fatto reale.

La sperimentazione sulla nocività dei cibi transgenici ormai parla chiaro. Nonostante le difficoltà,

come la scarsità di finanziamenti per questo tipo di ricerche, la rara disponibilità delle riviste

scientifiche alla pubblicazione di risultati sperimentali che dimostrano la nocività dei cibi

transgenici, la letteratura sull’argomento è già ampia e in continua crescita (25, 26, 27, 29, 30, 38,

39, 40, 41, 42, 43, 44) .

Per Roberts, è un falso allarme quello della presenza di DNA resistente agli antibiotici, trovato nei

batteri dei sei grandi fiumi cinesi, proveniente da piante transgeniche e/o dai laboratori di ricerca?

(45). Molti di questi articoli riportano una ricca bibliografia, spesso disponibile in rete.

La gente non “si agita e diventa paranoica” perché “qualcuno grida al lupo”, ma la gente è molto

meno stupida di quanto crede Roberts. La gente si documenta e si rende conto di quello che gli

viene raccontato. La gente che vive nelle aree di coltivazione ogm ha già sperimentato sulla propria

pelle nocività e inutilità degli ogm. Pertanto, il paragone con la psicosi dell’11 settembre 2001 è

fuori luogo, anche se è difficile negare che c’è bisogno di buone misure di sicurezza contro attentati

di varia natura.

Purtroppo, quelle che Roberts definisce “sciocche procedure”, sono necessarie a controllare o

ridurre le minacce del terrorismo, tipico prodotto di una società ingiusta che fa aumentare le

diseguaglianze. Il “rischio del terrorismo”, come dice Roberts non è amplificato dai politici, ma è

un fatto reale.

E’ difficile credere che il pubblico è facile preda dei discorsi dei politici sulla sicurezza. È più

verosimile credere, invece, che i politici, con pochissime eccezioni, sono servi compiaciuti dei

poteri forti, attraverso i banchieri e le multinazionali, che insieme creano le condizioni che

legittimano da un lato la nascita e lo sviluppo dei movimenti ambientalistici e dall’altro i movimenti

terroristici. Bisogna sempre cercare le cause dei fenomeni o delle patologie di una società.

Quelle dei poteri forti, dei banchieri, dei politici, degli ogm, degli ambientalisti e dei terroristi non

sono storie diverse, ma sono storie parallele che spesso si intrecciano. Se per questi fenomeni

macroscopici volessimo far valere i meccanismi della fisica quantistica (scoperti a livello

microscopico) diremmo che sono tutti fenomeni entangled. Infatti, sono fenomeni istantanei, più

veloci della luce, che spesso ci danno il pretesto per non capire o per non voler capire.

10. Odifreddi: Forse c’è una mancanza di educazione scientifica?

Roberts: Certo. E noi scienziati ne siamo in parte responsabili, perché non abbiamo voglia di

avere a che fare con i giornalisti e con il pubblico, e preferiamo parlare fra noi. Io dico sempre ai

miei studenti che se vogliono lavorare con me devono passare il “test della nonna”: devono essere

in grado, cioè, di spiegare alla propria nonna cosa fanno. Se riescono a farglielo capire, bene, e se

no, devono trovare un altro modo di dirglielo, perché è importante riuscire a comunicare agli altri

cosa si fa.

Perrino: Forse manca una buona educazione scientifica perché manca l’esempio? Non si può dire

agli studenti: non fare quello che faccio, ma fai quello che ti dico. Forse non è nemmeno questione

di esempio, perché da bravi maestri non sempre vengono fuori bravi discepoli.

Tra molte incertezze però qualche certezza ce l’abbiamo. L’esperienza suggerisce che i bravi

ricercatori sono frutto di un sistema di ricerca libera, che si deve svolgere in un contesto sociale

sano, che premia la collaborazione e non la competizione. La storia di numerosi successi scientifici

lo conferma. Molte scoperte di rilievo sono state spesso la conseguenza di intensi scambi, anche

epistolari, tra studiosi bramosi di sapere, ma anche (relativamente) onesti nel riconoscere la

paternità delle idee.

Provate a vivere in un centro di ricerca (italiano) e osservate se i ricercatori collaborano o

competono o si ignorano. Nel primo caso ci sarà dialogo, negli altri due isolamento e ricerca

dozzinale, se tutto va bene. Di chi è la colpa? Del capo? Quale capo? Del sistema di ricerca? Del

sistema politico? Del sistema sociale ed economico? Di solito la ricerca non è libera, ma imposta da

un sistema di ricerca o dall’alto. Uno ci può giurare: dove c’è più collaborazione c’è più produzione

scientifica di notevole impatto.

La competizione senza dialogo, spesso sostenuta da forze parasindacali, è per definizione

distruttiva. E tutto ciò indipendentemente dalle capacità individuali. In ogni caso, il comportamento

dei maestri è determinante.

Ma se il maestro è come Roberts io ho seri dubbi sul processo educativo. Mi chiedo perché Roberts

invece di prendersela con gli ambientalisti e raccontare inesattezze non ha colto l’occasione per

spiegare che cosa siano gli ogm e come dovrebbero risolvere il problema della fame nel mondo.

Se il test della nonna non riesce a superarlo lui, come può pretendere che lo superino i suoi

studenti? Il metodo scientifico (il test della nonna) valido per gli studenti non dovrebbe valere

anche per il maestro?

11. Odifreddi: Ma con gli ogm non c’è anche l’idea che, manipolando il genoma, si sta “giocando a

fare Dio?

Roberts: Lo stiamo facendo da diecimila anni, con la selezione artificiale, la quale, oltre agli

incroci, ha spesso usato a casaccio radiazioni e agenti chimici mutageni, alla faccia del

” naturale”. La manipolazione genetica oggi ci permette di fare la stessa cosa, ma procedendo non

a caso e per tentativi ed errori, bensì in maniera pianificata e controllata. Non vedo cosa ce la

possa far considerare peggiore, e non preferibile, se non l’ottusità.

Perrino: Adesso viene il bello! Roberts, come molti altri genetisti pro-ogm confonde, forse

inconsciamente, l’evoluzione naturale con le manipolazioni fatte dall’uomo in laboratorio. Su

questa differenza mi sono già speso (vedi commento 6). Ora posso ribadire quello che, altrove, ho

più volte sottolineato e cioè che il DNA transgenico è diverso dal DNA naturale.

Purtroppo, i fautori degli ogm dicono che il DNA è DNA e non c’è differenza tra i due DNA. Ciò

accade perché i pro-ogm sono ancora legati al dogma centrale, alla genetica classica o meccanica o

statica. Cioè legati alla genetica neo-Darwiniana o Sintesi moderna. Quella genetica è servita ad

andare avanti.

Ora, però, è una genetica superata, perché abbiamo capito che il gene non è più un pezzo di DNA

che si esprime o non si esprime, ma è un pezzo di DNA che è li e che può essere letto o non essere

letto. E il lettore è l’ambiente (in senso molto lato, interno ed esterno agli organismi viventi), quello

che qualcuno ha chiamato, per semplificare o come metafora, terza elica del DNA.

Il cervello della cellula non è più il nucleo (DNA dei cromosomi), come voleva il dogma centrale,

ma la membrana cellulare. Se alla cellula togliamo il nucleo, essa continua a vivere, mentre se

togliamo o danneggiamo la membrana, la cellula muore.

Quello che la cellula non può fare senza il nucleo è di moltiplicarsi. Pertanto, un passo avanti lo si

fa se dalla genetica si passa all’epigenetica. Qualcuno ha detto che la genetica è solo la punta

dell’iceberg, il più è ancora da esplorare. Quello che i fautori degli ogm non vogliono accettare è

che il vero flagello dell’ingegneria genetica è proprio il DNA transgenico, cioè il costrutto (cocktail

di DNA), costruito in laboratorio e inserito a caso nel genoma di una cellula vegetale. L’inserimento

è casuale, impreciso ed inaffidabile (27, 29, 46). Tanto è vero che gli ogm sono instabili.

I legami tra il transgene ed i promotori e terminatori sono deboli, facili alla rottura. Di qui

l’instabilità degli ogm. Se il problema finisse qui, nulla di male. Purtroppo, quel DNA transgenico,

che reca con se anche il DNA per la resistenza agli antibiotici, si trasferisce orizzontalmente (47)

nei microrganismi e quindi passa anche in altre specie geneticamente lontane dalla pianta

transgenica e, se usata come cibo, passa anche nel microbiota intestinale degli animali, incluso

l’uomo. Con tutte le conseguenze che possiamo immaginare.

Dopo queste conoscenze si può ancora affermare che il DNA transgenico è uguale al DNA naturale?

Se ci sono ancora dubbi si pensi alla comparsa di superinfestanti in campi di piante transgeniche

resistenti agli erbicidi. Si pensi alla comparsa di batteri resistenti agli antibiotici nei grandi fiumi

della Cina (45), e così via.

Credo che queste osservazioni siano più che sufficienti per dimostrare che il DNA transgenico è

diverso da quello naturale. Per cui, come fa Roberts ad affermare che la manipolazione genetica in

laboratorio, per ottenere piante transgeniche, è uguale a quella che ha fatto e continua a fare la

natura da millenni? Come fa a paragonare gli incroci naturali o quelli fatti dall’uomo all’ingegneria

genetica? Roberts mente sapendo di mentire? E perché lo fa? Gli ambientalisti e chi è contro gli

ogm sono per una evoluzione naturale, che significa un’evoluzione che procede ad una velocità tale

da permettere alle diverse specie viventi di evolversi insieme agli altri processi naturali, in buona

parte ancora sconosciuti. Il fattore tempo è importante affinché ci sia adattamento. Diversamente

c’è rischio di estinzione.

I fautori degli ogm non possono giocare a fare Dio, perché non hanno le conoscenze di Dio. Dio è

l’universo, di cui noi siamo una minutissima parte. Per capire quale parte di Dio siamo, abbiamo

ancora molta strada da fare, ma dobbiamo andare piano, seguendo le leggi della natura (che i

cristiani chiamano Dio).

Roberts chiude la sua risposta con una frase forte: Non vedo cosa ce la possa far considerare (la

manipolazione genetica) peggiore, e non preferibile, se non l’ottusità.

In pratica, ci sta dicendo che chi si oppone all’ingegneria genetica è un ottuso, un limitato, uno

tardo a capire, poco perspicace. Peccato però che tra gli oppositori agli ogm ci siano studenti,

ricercatori e scienziati, con cervelli più che brillanti (52).

Conclusioni

Vorrei concludere commentando la frase con la quale Odifreddi apre la sua intervista: Il vincitore

del Nobel per la Medicina: “Manipolare le sementi non deve spaventare: sono diecimila anni che in

fondo giochiamo a fare Dio. Quasi tutte le battaglie ecologiste sono sacrosante ma su questo tema è

l’ideologia a prevalere”.

Una parte di quest’affermazione l’ho già discussa nell’ultimo commento (punto 11). Ora mi

concentro sulla questione dei diecimila anni. Caro Roberts, per diecimila anni l’uomo ha

addomesticato piante, animali e microrganismi, con la collaborazione della natura (Dio), che

significa aver permesso alle diverse specie di evolversi dialogando con l’ambiente. Dove la mano

dell’uomo c’entra, ma rispettando i meccanismi naturali: migrazioni, mutazioni spontanee e

ibridazioni spontanee.

Anche il breeding post Mendeliano tradizionale, eseguito attraverso incroci e selezione, ha

rispettato i meccanismi naturali. Dopo Mendel, l’uomo ha solo orientato e velocizzato tali processi.

Non così si può dire delle mutazioni indotte (artificiali). La differenza tra mutazioni naturali e

mutazioni artificiali è che mentre nel primo caso sono causali (l’uomo asseconda la natura), nel

secondo sono casuali. L’ingegneria genetica naturale, quando avviene, ed avviene sempre, è

causale. Non è casuale come l’ingegneria genetica artificiale (quella degli ogm), il che significa che:

è l’ambiente (tutto) che decide quando e come essa deve avvenire.

Si potrebbe obiettare che anche l’uomo fa parte della natura. Sì, certo, ma se rispetta i meccanismi

naturali. L’aereo è un mezzo di trasporto artificiale, ma si può smettere di costruirlo o di usarlo

quando si vuole. Non così è per l’ingegneria genetica artificiale, in quanto il DNA transgenico può

cambiare significativamente ed in modo irreversibile l’evoluzione. L’aereo non lo fa, perché non si

moltiplica e non si mette in moto da solo. È un oggetto passivo. Il DNA è un oggetto attivo, perché

interagisce con l’ambiente. Il fatto che le mutazioni naturali siano causali e non casuali indebolisce

la teoria sull’evoluzione di Darwin, inclusa la sua selezione naturale. Non è il più adatto che

sopravvive, ma è l’ambiente che determina il mutamento e lo rende adatto.

L’uomo, come ogni altro organismo vivente, non è vittima dei suoi geni, ma sono i geni al servizio

dell’uomo e dell’ambiente (da questo ragionamento escludo le malattie genetiche, che sono meno

del 5% di tutte le malattie). Non si tratta di rimuovere Darwin (48), ma non possiamo fermarci al

neo-Darwinismo se vogliamo andare avanti. Triste è il discepolo che non avanza il suo maestro

(Leonardo da Vinci).

Darwin descriveva quello che vedeva o che a lui appariva ma, in alcuni casi, non poteva vedere

cosa c’era dietro l’apparenza.

Qualcuno ha detto che se la verità fosse uguale all’apparenza non ci sarebbe bisogno della scienza.

Apparentemente il Sole gira intorno alla Terra, ma la scienza ha poi scoperto che è la Terra che gira

intorno al Sole. Chi l’ha scoperto è salito sulle spalle dei giganti che l’hanno preceduto, non si è

messo sotto. Bisogna salire sulle spalle di tutti i grandi pensatori del passato, tra cui anche

Aristotele, Lamarck, Darwin, Waddington, ecc. per vedere più lontano. La scienza ha scoperto che

le mutazioni sono causali. Darwin pensò che le mutazioni fossero casuali e quindi che solo le

mutazioni più fortunate (più adatte) proseguivano il cammino dell’evoluzione. Non gli venne in

mente che poteva essere l’ambiente a ordinare il cambiamento (la mutazione).

Oggi, ormai, molte patologie delle piante e degli animali, uomo compreso, si possono controllare

e/o combattere meglio, cercando di capire qual è l’ambiente migliore per uno sviluppo normale o

che noi giudichiamo tale. È sufficiente individuare i fattori ambientali che eliminano o riducono la

diffusione delle malattie. Nel tempo, piante, animali e microrganismi sono in grado di sviluppare le

resistenze (o tolleranze) ai patogeni, grazie ai suggerimenti dell’ambiente. Bisogna far lavorare la

natura o coltivare la natura per coltivare adeguatamente le piante. Ovviamente, questo approccio dà

fastidio alle multinazionali, in quanto non permette loro di mettere le mani sui semi.

Chi controlla il petrolio controlla le nazioni, chi controlla il cibo controlla il popolo (Henry

Kissinger). Le multinazionali (in particolare Big Pharma) vogliono controllare il popolo anche

attraverso la malattia. Per esempio, ci viene detto che l’insulina umana ingegnerizzata (ottenuta

artificialmente con l’ingegneria genetica) è migliore o è più sicura di quella naturale (estratta dal

pancreas dei maiali). Ebbene, c’è chi ha dimostrato che non è vero, perché ci sono diabetici che non

possono usare l’insulina umana artificiale. Non è ancora chiaro perché.

Tuttavia, sono in molti a chiedersi perché è difficile trovare in farmacia l’insulina naturale (49, 50,

51). Perché costa di meno? Perché non è brevettabile? Ora a parte gli effetti collaterali dell’insulina

ingegnerizzata, quanti sanno che il diabete non è una malattia, ma una condizione, da cui si può

rientrare modificando l’ambiente, cioè cambiando alimentazione e stile di vita? Pochissimi. Forse

perché fa parte delle scoperte non autorizzate dalla medicina ufficiale (53).

Pietro Perrino

Dirigente dei Ricerca, già direttore dell’IGV-CNR

pietro.perrino4@gmail.com

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